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Tutto è cominciato dall’ immagine in cui il quadro di HayezIl bacio veniva “crackato” dal giovane artista Daniele Urgo aka Done, con l’inserimento “clandestino” del classico venditore di rose pakistano. Titolo: Il bacio nel posto sbagliato al momento sbagliato. Inserimento fatto a regola d’arte (digitale) come un vero remake, che è poi il titolo della serie creata per (s)doppiare i classici.

La sera stessa che l’ artista posta questa immagine sul suo profilo, il contatore di accessi sale a dei picchi mai visti: in poche ore sul più noto social media i “mi piace” arrivano A 15 mila, 8mila condivisioni e la rete si scatena. Ora è immagine profilo di migliaia di persone e dalle bacheche a twitter, tutti sembrano discuterne a 140 caratteri alla volta. L’artista diventa una web celebrity e l’immagine un caso di successo virale. Si scomoda persino la rivista Wired. Sarà arte o adbusting? Ai suoi detrattori Done, che ha terminato da poco i suoi studi accademici, risponde per le rime proprio su una bacheca di facebook.  Il modo più rapido per arrivare a tutti.

<<Cercate di vedere quello che c’è oltre al vostro naso, ora che ho finito il mio percorso con onore, penso di potermi permettere di dire la mia. Più andiamo avanti così, più molti artisti che vorrebbero emergere rimarranno bloccati, per il semplice fatto che non sono in linea con il passato. Nasciamo artisticamente dalle accademie, studiamo per anni e viviamo esperienze a diretto contatto con l’arte. E una volta che ne usciamo, non possiamo mettere in pratica il nostro pensiero, nato da anni e anni d’educazione? Continuiamo così, continuiamo a porre veti, a parlare di censura insensata, il classico esempio per il quale molti giovani se ne vogliono andare e non possono dare un contributo al nostro paese, seppur minimo. A volte una risata può davvero cambiare la giornata; in un periodo dove il lavoro non esiste, nel malcontento generazionale in cui la cultura e l’arte sono l’ultima cosa che viene presa in considerazione perché c’è solo bisogno di soldi per vivere. Quante persone non hanno mai visto certe opere e una volta vista una rivisitazione, hanno potuto apprezzare in toto quella originale? Perché dovete pensare che un giovane debba SEMPRE essere uno studente, senza un pensiero? Avete provato ad immedesimarvi un minimo in tutta quella generazione falcidiata dalla crisi e dalla instabilità, nata con la televisione (e sappiamo tutti che televisione..) e cresciuta con internet, che tutti i giorni si sente dire che non avrà un futuro? Conoscere la società, viverla in prima persona e rappresentarla non è forse quello che per anni c’insegnate? Il computer e internet deve per forza essere un segno di debolezza e frivolezza, solo perché è a disposizione di tutti? Avete idea di cosa voglia dire ricostruire da zero con un computer delle immagini, delle forme, delle ombre ed inserirle al posto giusto, con la dimensione giusta, con la sfumatura di colore più adeguata?>>

Ha ragione lui: andando a guardare bene, l’operazione di rivisitazione digitale non è solo curiosa e bizzarra, e non c’è solo il ritocco digitale: l’arte multimediale per intero può effettivamente travolgere gli argini della tradizione, creare disturbo al sistema dell’arte, mettendolo in crisi, proprio come il venditore di rose, inopportuno e non gradito. In questo senso il quadro –e tutta la serie dei Remake – è molto simbolico. L’arte digitale non va al traino di quella tradizionale e usare le stesse metodologie critiche e gli stessi principi estetici per leggerla, catalogarla, interpretarla è un grave errore. Rivendicare la specificità del linguaggio digitale, come fa indirettamente Done, è corretto; quello che bisognerebbe aggiungere -e impegnarsi a insegnare dentro e fuori le Accademie- è una maggiore sensibilità generale a queste nuove forme d’arte nate con i new media e che si impongono sempre di più ma senza soppiantare quelle passate. E a imporre questa diversità in questo caso, non è un’arte qualsiasi, è l’hacker art, vera arte di “interferenza”. Tutto quello che Daniele fa (performance di video live, laser paiting, fondali video interattivi, mapping live), lo fa infatti, con gli strumenti della rete appropriandosi della una filosofia “hacker” di condivisione dei materiali, di socializzazione dei saperi tecnologici, di uso collettivo di software liberi. Jaromjl docet. Ovvero: open non è free.

estratto intervista di AnnaMaria Monteverdi per Rumor(s)cena

Wired

La Stampa

Corriere della Sera

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